Verso la responsabilità

Si dice giustamente che nel tempo presente, di fronte alla necessità -per ogni cittadino- di rispondere ad aspettative sempre nuove, più delle conoscenze tecniche, professionali, di mestiere, contano innanzitutto le soft skill. La capacità di innovare, di adattarsi, di cambiare ritmo, di interrogarsi ed apprendere dagli errori, l’attitudine a conoscere sé stesso e a comprendere gli altri e le situazioni; la capacità di scoprire passo dopo passo dove ci si trova la capacità di guidare e di accettare la guida altrui…
Possiamo dire che si tratta di prepararsi ad occupare spazi di autonomia, in un modo rispettoso di noi stessi, degli altri, del mondo. Ricordando sempre che gli obiettivi di lavoro non sono mai disgiunti dagli obiettivi personali. E che le nostre performance dipendono dal nostro ‘star bene’. Ricordando anche che spesso sottovalutiamo noi stessi. E sottovalutiamo l’impatto, la portata, il valore del nostro agire.
Si potrebbe forse parlare di Etica. Ma la parola etica appare generica, buona per troppi usi; ed evoca alti, indiscutibili principi ai quali attenersi. Si potrebbe forse anche cedere alla tentazione di ricorrere a termini oggi più consueti, ma anche più parziali: ambiente, ecologia, sostenibilità.
Meglio quindi parlare di responsabilità. La responsabilità chiama in causa ogni essere umano, senza offrire scappatoie.

In cosa consiste la responsabilità
L’uomo è un essere vivente. Appartiene alla natura. Ma ha anche sviluppato la capacità di modificare la natura. Per questo sull’essere umano ricade la responsabilità di proteggere e curare l’ambiente di cui fa parte.
La diffusa enfasi che affida le sorti dell’economia e della politica e del benessere all’innovazione scientifica e tecnologica finisce per essere, per ogni cittadino del pianeta, quale che sia il ruolo che ricopre, un alibi. Scienza e tecnica non sono neutrali, e sono sempre frutto di scelte umane.
L’esistenza consiste nel fare scelte: quali politiche adottare, in quale direzione orientare gli investimenti, quali tecnologie sviluppare.
Qualcuno sostiene che il governo di un mondo così complesso sia un peso troppo gravoso per gli esseri umani. E spera che l’essere umano possa essere sostituito, nella cura e nel governo, da algoritmi o intelligenze artificiali. Ma invece, la presenza di macchine sempre più autonome dagli esseri umani può essere intesa come stimolo a conoscere più profondamente sé stessi, a scoprire nuovi spazi di azione, su terreni sui quali nessuna macchina si è ancora mossa.
Assumersi responsabilità significa non contentarsi della ragione, facendo invece appello alla saggezza. Alla scintilla della propria coscienza.

Tenendo conto del valore universale del tema, ma anche allo stesso tempo legandolo all’attualità, si declinerà il tema della responsabilità in quattro momenti o passaggi.
Le quattro declinazioni sono:

Responsabilità ambientale. Si tratta della responsabilità nei confronti del mondo nel quale viviamo: il nostro territorio in senso stretto, e allo stesso tempo il pianeta che abitiamo, la vita intesa nella sua complessità. L’argomento è attuale per le urgenze dettate dall’inquinamento, dal riscaldamento globale. È attuale anche per il fatto che la transizione ecologica è, in accordo con gli indirizzi europei, uno dei temi cardine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Responsabilità sociale. Ogni impresa, azienda, associazione, ogni ente della Pubblica Amministrazione persegue uno scopo definito. Scopo che è esplicitato nello statuto o descritto da norme di legge e regolamenti.
Ma lo scopo non può essere ben descritto in parole scritte una volta per tutte. L’impegno degli esseri umani coinvolti nell’ente va sempre oltre le strette parole. Spesso poi lo scopo dell’impresa è di fatto subordinato al perseguimento di interessi finanziari e speculativi, o di interessi personali, o da interessi di lobby o di partiti politici.
Possiamo quindi dire che ogni ente funziona bene solo se si prendono in considerazione i punti di vista e gli interessi di tutti gli attori sociali coinvolti. In ogni caso, al perseguimento dello specifico scopo dell’ente, si aggiungono altre aspettative: garantire la durata nel tempo dell’ente, non danneggiare l’ambiente nel quale l’ente opera.

Responsabilità digitale. Le tecnologie digitali hanno portato ogni cittadino, ogni lavoratore, ogni manager ed ogni politico a vivere su un terreno nuovo. Si tratta in ogni caso di un terreno artificiale creato da esseri umani.
Esiste quindi la responsabilità di coloro -tecnici, scienziati- che creano nuovi mondi che i cittadini dovranno abitare.
Ed esiste sempre la responsabilità di ogni utente di strumenti e piattaforme digitali: conoscere, scegliere, difendere gli spazi di libertà, non subire passivamente.

Responsabilità personale. La responsabilità ambientale, sociale e digitale terminano inevitabilmente nella -ma potremmo anche dire: fortunatamente cominciano dalla- responsabilità personale.
Che è qualcosa che pesa sulle nostre spalle. Ma è anche un dono, una possibilità che nessuno può toglierci: la cittadinanza attiva consiste in questo.

Approfondimenti

Responsabilità ambientale
La transizione ecologica verso una Europa più verde -uno degli indirizzi chiave del Piano di Ripresa e Resilienza- aggiunge ulteriore urgenza ad un tema che tocca ogni cittadino, ogni lavoratore, ogni amministrazione pubblica, centrale e locale ed ogni impresa.
Per quanto se ne parli da più di mezzo secolo, ‘transizione ecologica’ non è un concetto chiaro come potrebbe sembrare. Dietro alle parole sta il fatto che il progresso e l’innovazione scientifica e tecnologica non possono procedere alla cieca. Ognuno è invitato a prendere in considerazione il concetto di sostenibilità: è sostenibile lo sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione attuale senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri. È sostenibile lo sviluppo che evita l’abuso di risorse e gli sprechi. Danneggiando l’ambiente che ci circonda, danneggiamo noi stessi, ed ogni altra persona, il nostro territorio. Perché apparteniamo all’ambiente; e perché il nostro futuro coincide con il futuro della natura, che è la nostra casa.
Così le tematiche planetarie -riscaldamento globale, depauperamento delle fonti non rinnovabili- si intrecciano con questioni che ci toccano da vicino, e che chiamano in causa direttamente ognuno di noi. Basta ricordare la buona gestione dei rifiuti urbani, e la semplice attenzione a non gettare cartacce per terra.
Nel concetto di responsabilità ambientale c’è dunque innanzitutto un appello etico, che chiama ogni cittadino alla padronanza di sé, al senso della misura, alla saggezza.
Le politiche pubbliche e le norme tese a sostenere la transizione ecologica, così come lo stesso Codice dell’ambiente, che prevede sanzioni per i ‘reati ambientali’, forniscono il necessario quadro.
Ma saranno inutili senza un atteggiamento di cura e di attenzione da parte di ogni cittadino.
L’attenzione che nel Piano di Ripresa e Resilienza è riservata alle tematiche ecologiche va quindi intesa come una occasione irripetibile per tornare a parlare in termini concreti di responsabilità.
Se ci contentassimo della pioggia di finanziamenti senza riflettere e porci domande faremmo danno a noi stessi.

Responsabilità sociale
La Commissione Europea definisce la Responsabilità Sociale delle Imprese (RSI) “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate” (Libro Verde: Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, 2001).
Possiamo chiederci: non dovrebbe essere ovvio che l’impresa si preoccupi del benessere delle persone che vi lavorano e di non danneggiare l’ambiente in cui opera? Tutto questo non è ovvio: viviamo in un’epoca di economia liberista, dove, secondo una interpretazione diffusa, il manager più capace ed ammirevole è il manager che fa i propri interessi, senza preoccuparsi degli interessi degli altri. Anzi, si sostiene che la ricerca di sempre crescente arricchimento degli imprenditori orientati al proprio interesse stimola l’innovazione e garantisce crescita economica occupazione. Dall’egoismo di pochi, si dice, nasce un vantaggio per tutti.
Sappiamo che non è così. L’imprenditore orientato al proprio esclusivo vantaggio si disinteressa in realtà dei fornitori, dei clienti, dei lavoratori, dell’ambiente nel quale opera. Si disinteressa anche dei suoi stessi finanziatori. Si disinteressa anche della durata nel tempo della sua impresa. Ciò che in fondo gli interessa non è creare valore, ma estrarre valore dall’impresa per investirlo altrove, o per destinarlo a speculazioni finanziarie. Magari crea posti di lavoro, ma saranno posti di lavoro precari e sottopagati.
Una giustificazione comunemente adottata da questo tipo di imprenditore è: sto rispettando le leggi vigenti. Ma non di rado la legge è frutto delle pressioni esercitate dagli stessi imprenditori sui legislatori. E poi ecco il punto più importante: la responsabilità consiste non nel rispettare le leggi vigenti, ma nell’andare oltre le leggi. Le migliori leggi sono frutto delle esperienze costruttive di cittadini che hanno volontariamente scelto di andare oltre ciò che le leggi al momento vigenti obbligavano a fare.
Ecco dunque che nel 2001 la stessa Commissione Europea afferma il principio che essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là, tenendo conto di tutte le parti sociali interessate nell’impresa: lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, membri delle comunità nelle quali l’impresa opera, cittadini del pianeta interessati alla qualità ambientale, nostri figli interessati ad essere in futuro lavoratori e clienti.
La Responsabilità Sociale delle Imprese, dunque, può essere affermata tramite certificazioni (Standard SA 8000, B Corp, ecc.). Ma è in realtà l’assunzione dell’impegno ad andare oltre ogni certificazione e norma vigente, nella convinzione della possibilità di migliorare sé stessi, tesi verso una idea di impresa come costruzione comune. Mossi dall’idea che, in fondo, ogni impresa, ogni azienda, è una costruzione comune, i cui risultati sono la conseguenza della scoperta di un’area di convergenza tra gli interessi dei diversi attori sociali coinvolti. Il ruolo del manager, dunque, e la sua responsabilità, consistono nel trovare e nel mantener viva, e se possibile nell’ampliare quest’area di convergenza.

Responsabilità digitale
Se ci fermiamo un attimo a pensare, se ci interroghiamo sulla nostra vita quotidiana -vita privata, lavoro, nostro agire sociale e politico- ci rendiamo conto che la nostra vita si svolge oggi in grande, crescente misura, su piattaforme digitali.
Le comunicazioni tra persone si svolgono tramite smartphone, strumenti che abbiamo sempre in mano. Scambi economici e pagamenti si svolgono per via digitale. Ogni tipo di conoscenza -ciò che prima ricordavamo a memoria, ciò che stava scritto in quaderni e libri- è oggi appoggiato su codice digitale.
Ci sono in tutto questo indubbi vantaggi: più informazioni disponibili, più rapidità in ogni attività, più precisione nell’esecuzione di ogni compito… Ma ci sono anche enormi novità sulle quali ogni cittadino deve riflettere.
L’educazione di base dei cittadini consiste nell’imparare a leggere e scrivere. Così ognuno può contribuire a produrre le norme che regolano la vita civile. Ognuno può leggere e così può farsi la propria opinione. Questa è l’essenza della democrazia.
Il codice digitale, però, cambia radicalmente le cose. Se scrivo tramite un computer, invece, sto semplicemente dando comandi ad un programma del cui funzionamento nulla conosco. Il programma salverà su un supporto di memoria quello che ho scritto tramite un linguaggio che mi è impossibile leggere. Le informazioni digitalizzate sono in realtà scritte in un codice destinato ad essere compreso da macchine, non da esseri umani. A scrivere questo codice sono specialisti, tecnici digitali, detentori di un potere negato a qualsiasi altro cittadino. Se scrivo su un foglio, il lettore leggerà quello che ho scritto.
Dunque la codifica digitale porta con sé due conseguenze, di grandissimo rilievo sociale e politico. La prima: ci stiamo affidando a macchine del cui funzionamento nulla sappiamo. La seconda: ci stiamo affidando a tecnici, esperti, specialisti: solo loro sanno come la macchina è programmata e come funziona.
Non c’è motivo per spaventarsi. C’è però motivo per cercare, tutti insieme, di diffondere una nuova educazione civica digitale. In modo da scoprire come muoverci, consapevolmente, su questo nuovo terreno. Affinché la digitalizzazione non si traduca nella scomparsa della democrazia.

Responsabilità personale
Intendere in senso astratto la responsabilità è sfuggire alla responsabilità. Dire: sono a posto perché rispetto le norme vigenti è sfuggire alla responsabilità.
È comodo per chi getta cartacce per terra pensare che ci sarà qualcuno che le raccoglierà.
È comodo per chi lavora in una organizzazione dire, di fronte ad una difficoltà o ad una situazione problematica ‘ci saranno le persone responsabili’. Ci sarà qualcuno a cui compete occuparsi di tutto questo, risolvere il problema, prendere la decisione, affrontare il rischio.
È comodo per il cittadino, l’utente spaesato nel nuovo mondo digitale affidarsi alle scelte degli esperti, a ciò che una app o una ‘intelligenza artificiale’ come Siri o Alexa ci dice.
La cittadinanza attiva consiste nell’allontanarsi da questi comodi atteggiamenti, scegliendo di prendersi cura. Scegliendo di fare tutto ciò che ognuno di noi può fare. Accettando di sentirci in ansia per il nostro futuro, per il futuro dei nostri figli, della nostra comunità, della nostra terra, del pianeta e della vita.
Apprendendo il modo, scoprendo il modo di fare di più e realizzando noi stessi nel farlo. Acquistando consapevolezza e fiducia, in modo da comprendere il valore della nostra azione personale. Imparando a considerare vera e fondata l’affermazione ‘dipende da me’. Dipende dal mio agire responsabile.

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