La libertà di non essere digitali

di Francesco Varanini

Un mio articolo con il titolo La sostenibilità alla prova delle professioni disabilitanti è uscito il 21 giugno 2023 su FUTURAnetwork, rivista online promossa da ASviS, Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, rete cui Assoetica fa parte.  Potete leggere qui l’articolo.

L’orientamento alla sostenibilità oggi è, agli occhi di tutti, necessario. Sappiamo di doverci preoccupare del destino nelle generazioni future; del consumo di risorse non rinnovabili; del delicatissimo e precario equilibrio di quel sistema complesso che è la rete della vita, alla quale noi stessi apparteniamo.
Ma è una responsabilità pesante. Eccoci quindi a sperare che sempre nuove innovazioni tecnologiche offrano soluzione ai problemi che ogni giorno ci appaiono più intricati e privi di evidenti vie d’uscita. Eccoci a credere che algoritmi – percorsi, procedure definite a priori – ci portino fuori dalle zone di pericolo. Eccoci a cercare vari tipi di Intelligenza Artificiale ai quali affidarsi.
Affidarsi alle tecnologie digitali è certo utile. Ma dobbiamo anche ricordare che tramite le tecnologie digitali si esercita un pesante controllo sociale e si riduce quella consapevolezza, quell’intimo senso di responsabilità personale che sono il sale necessario affinché l’orientamento alla sostenibilità non resti una vana affermazione di principio.
Quindi, se vogliamo rimboccarci le maniche e affrontare i problemi che mettono in dubbio il nostro futuro, allora il nostro impegno si concretizza innanzitutto nell’evitare che le macchine digitali limitino il nostro sguardo e la nostra capacità di azione.

Nella conclusione, propongo dieci impegni. La proposta è destinata ad essere tema di lavoro di gruppo, coinvolgendo soci Assoetica ed altri interessati al tema.

Di seguito i dieci impegni.

1) Impegniamoci ad applicare all’industria elettronica e digitale gli stessi criteri applicati alle altre industrie.
Non danneggiare l’ambiente attraverso l’eccessivo consumo di energia e l’uso di materie prime non rinnovabili e non compromettere il futuro con politiche miopi legate al breve periodo: sono obiettivi universalmente accettati. Le politiche sono efficaci solo se la loro applicazione è universale. Esentare un settore industriale da politiche orientate alla sostenibilità, o lasciare la scelta e l’attuazione di tali politiche all’autoregolazione di chi guida il settore stesso, significa compromettere il complessivo orientamento alla sostenibilità.

2) Impegniamoci a tutelare il diritto alla disconnessione: affinché le comunicazioni per via digitale non siano una condizione inevitabile nelle relazioni tra umani.
Viviamo – si dice – nell’onlife, in un’infosfera, eternamente connessi. Sembra quasi esserci il gusto di trovare nuove parole per nascondere la gravità della situazione. Per molti osservatori si tratta di una condizione ormai irreversibile. Ma le politiche orientate alla sostenibilità cercano proprio questo: l’inversione di trend pericolosi.
Parlare, stare insieme, convivere senza che per farlo sia necessario usare strumenti digitali, senza che ogni nostra parola ed ogni nostro gesto e parola sia mediato, osservato e registrato: si tratta di diritti che dobbiamo considerare inalienabili.
Dobbiamo garantire a noi stessi ed ai nostri posteri il diritto alla disconnessione.

3) Impegniamoci ad evitare che siano imposti a noi umani mondi già costruiti.
Apparteniamo alla natura, ma contribuiamo a costruirla con il nostro agire quotidiano. Il mondo fisico è co-costruito dagli esseri umani che vi vivono. I mondi digitali sono invece offerti, o imposti, come già totalmente costruiti. Nei mondi digitali il cittadino è ridotto ad essere un utente, senza la possibilità e gli strumenti per progettarli e gestirli. Ogni essere umano deve poter modificare – e quindi poter curare, proteggere, “fare proprio” – l’ambiente nel quale si trova a vivere, e del quale fa parte, anche quello digitale. Dobbiamo immaginare uno sviluppo digitale dove la stessa azione responsabile di ogni cittadino sia possibile.

4) Impegniamoci a lasciare aperta la possibilità di scegliere quali servizi digitali usare e quali non usare.
Gli spazi di libertà nel mondo digitale sono via via sempre più ridotti alla scelta tra servizi preconfezionati. Ma tali servizi non sono solo offerti: sono sottilmente imposti, per via di consigli capziosi, notifiche sottilmente invitanti, ma anche tramite contratti opachi e norme di legge che guardano più all’interesse del fornitore che all’interesse del cittadino. Un insieme di strategie di marketing che nascono bel prima dell’avvento degli strumenti digitali ma sono esponenzialmente potenziate dagli strumenti digitali stesso. Occorre lasciare alle persone la libertà di formulare di volta in volta scelte consapevoli.

5) Impegniamoci a garantire che tramite macchine non siano compressi gli spazi di libertà e non sia imposto agli umani l’obbligo di compiere azioni predeterminate.
La libertà è spazio per sperimentare, tentare, creare, apprendere. Il contesto digitale offre alla politica strumenti di governo che riducono la portata dei diritti civili. Tramite mezzi digitali, magari con la giustificazione di una superiore conoscenza di ciò è “bene” per ogni singolo cittadino, si impongono gravi limitazioni al libero arbitrio. Conseguente al punto precedente, che riguarda in particolare i comportamenti d’acquisto, questo impegno si allarga alla vasta scena della democrazia liberale e dei meccanismi del controllo sociale.
Se alla fiducia nelle scelte individuali si sostituisce il paternalismo, viene meno la partecipazione civica necessaria ad ogni progetto orientato ad obiettivi di sostenibilità. Dobbiamo cercare uno sviluppo digitale rivolto alla difesa e all’ampliamento degli spazi di libertà di ogni cittadino.

6) Impegniamoci a non guardare e a non giudicare l’essere umano attraverso il suo ‘gemello digitale’.
La natura vista allo specchio non è la natura. La mappa non è il territorio. I dati non sono mai tutti i dati, e non sono mai abbastanza per poter restituire una visione completa. Eppure si è affermata l’idea che ogni oggetto e accadimento del mondo, ogni aspetto della natura e quindi ogni essere umano possano essere conosciuti e compresi attraverso la sua immagine digitale.
Tramite gli strumenti che abbiamo costantemente in mano e addosso, tramite i sensori e i sistemi di rilevazione di vario tipo diffusi in ogni ambiente, si raccolgono dati su ogni essere umano. E’ opinione diffusa che noi siamo quello che appariamo attraverso questi dati, noi siamo i nostri ‘gemelli digitali’. Siamo arrivati a ritenere giusto adeguarsi alla rappresentazione di noi determinata dai dati. Sappiamo che la natura (e l’essere umano) è qualcosa di più, di differente, da ciò che i dati più completi e precisi possano attestare. Le persone però non hanno nessun controllo sul modo in cui viene costruito questo ‘gemello digitale’. L’antichissimo monito rivolto all’essere umano: ‘conosci te stesso’ viene così messo in discussione. Dobbiamo immaginare strumenti che mettano nelle mani delle persone la costruzione della propria immagine digitale.

7) Impegniamoci a non separare la mente dal corpo e a rispettare l’integrità de corpo umano.
L’intero progetto digitale è frutto di un approccio cartesiano che considera una sola parte del complessivo essere umano: le sue capacità intellettive. Il corpo è considerato una mera estensione. La computer science si concentra – tentando di imitarne il funzionamento – soprattutto su sola parte del corpo umano: il cervello. In virtù del parallelismo tra umani e macchine proposto da Turing, però, si finisce per confrontare le Intelligenze Artificiali con l’essere umano per intero, del quale si propongono banali sostituzioni con avatar o immagini tridimensionali.
Ricordiamo che l’essere umano non si riduce alla sua mente. La mente è incarnata, inconcepibile senza corpo. Le capacità intellettive sono frutto di lavoro ed esperienza che coinvolgono il corpo nella sua interezza. Protesi e tecnologie biomediche che sostituiscono organi malati sono benvenute ma dobbiamo fare attenzione al loro uso in nome del “potenziamento”, valutare la sostenibilità delle soglie che si aprono ai confini della contaminazione tra corpo e dispositivi. Abbiamo il diritto di non veder reso inutile il nostro corpo da protesi e strumenti digitali.

8) Impegniamoci a mantenere vivo il diritto al lavoro.
Riflettiamo sulle definizioni riduttive del concetto di lavoro. Il lavoro non è solo fatica e pena dalle quali conviene liberarsi. Non esiste confine tra “lavoro manuale” e “lavoro intellettuale”. Il lavoro non è solo fonte di remunerazione; ha piena dignità di lavoro anche una attività svolta gratuitamente. Il lavoro è costruzione di sé stessi e del mondo.
Di fronte alla promessa, o alla minaccia, di una sostituzione per via digitale di ogni tipo di lavoro svolto dagli esseri umani, è necessario non parlare genericamente di “lavoro”. Serve tornare a parlare e considerare esplicitamente il “lavoro umano”, nella sua pienezza: gli aspetti materiali e immateriali sono inscindibili, così come è inscindibile il pensare dall’agire. Dobbiamo evitare che intelligenze artificiali, automazione e robotica tolgano senso e spazio al “lavoro umano”.

9) Nove. Impegniamoci a garantire che la presenza di macchine di qualsiasi tipo non costringa gli umani a svalutare sé stessi, all’impoverimento e alla dipendenza.
Costrutti digitali autonomi acquistano sempre nuovo spazio come sostituti dell’essere umano non solo nel lavoro materiale, ma anche nelle più sofisticate attività dove sono in gioco esperienza, capacità di giudizio, rapidità di decisione.
La scelta di chi – un umano o una macchina – debba essere, in situazione critica o in caso di emergenza, il decisore in ultima istanza, non è solo una scelta tecnica: è una scelta culturale ed etica.
Le macchine disporranno, secondo alcuni, non solo di una crescente razionalità, ma anche della capacità di formulare giudizi morali. Dentro ogni algoritmo, dietro l’agire di ogni intelligenza artificiale, si cela l’impostazione di chi le ha progettate e chi le gestisce: grandi imprese dominate da una visione e da interessi – finanziari, politici, sociali, culturali – spesso in contrasto con la ricerca di uno sviluppo realmente sostenibile.
Privato della possibilità di sperimentare sé stesso nella situazione estrema, su terreni sconosciuti, di fronte al nuovo e all’ignoto, l’essere umano impigrisce, perde fiducia in sé stesso, compromette la propria crescita. Forse non è esagerato dire che la sostituzione dell’essere umano con le macchine mette in discussione lo stesso futuro evolutivo della specie umana.
Nel breve termine, l’umanità rischia di perdere anche la capacità di fare le necessarie scelte orientate ad uno sviluppo sostenibile. Saremo così di fronte ad una profezia che si autoavvera: le politiche e le azioni orientate ad uno sviluppo sostenibile saranno affidate alle macchine. Dobbiamo garantire a noi stessi e alle generazioni umane future la possibilità di conoscere, di apprendere, di migliorare.

10) Impegniamoci a garantire a noi stessi e alle future generazioni la possibilità di vivere senza strumenti digitali. La libertà di non essere digitali.
Quest’ultimo impegno sintetizza i precedenti ed offre lo spunto per una riflessione conclusiva.
Vivere senza dover necessariamente ricorrere, in un modo o in un altro, a strumenti digitali appare già oggi impossibile. Difficile immaginare che questo sia possibile domani. I dati ci mostrano quanto sia difficile, realisticamente inimmaginabile, poter raggiungere i 17 Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile proposti dall’Agenda 2030 Onu ma non per questo stiamo rinunciando agli Obiettivi o riducendo gli sforzi. Anzi.
Abbiamo motivi per temere un futuro fosco ma sappiamo che questa minaccia non viene solo da lontano, da fuori: la minaccia viene anche da noi stessi, dai nostri personali comportamenti insensati, privi di saggezza. Da questo nasce la responsabilità di cui ogni essere umano è chiamato a farsi carico. Abbiamo una di fuga: attribuire il peso della responsabilità a macchine sempre più autonome da noi. Sta a noi scegliere. Se scegliamo la via della responsabilità è necessario preoccuparci della direzione verso cui sta andando l’industria digitale e interrogarci su come le nostre vite siano condizionate dagli strumenti digitali.

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