Tracce di un dialogo a proposito dell’etica

di Bruno Bonsignore e Francesco Varanini

Questo brano¨ tratto dal Dialogo che apre Un’etica per manager. Dieci lezioni magistrali, a cura di Bruno Bonsignore e Francesco Varanini. Si tratta ti una raccolta di lezioni tenute da Zygmunt Bauman, Archie B. Carrol, Carlo Casalone s.i., Paolo Fabbri, Francois Jullien, Serge Latouche, Giancarlo Livraghi, Giuseppe O. Longo, Carlo Pelanda, Salvatore Veca, presso Assoetica (www.assoetica.it).
Il dialogo continua, in privato e in pubblico, anche al di là  del libro. (1)

Bonsignore: Non so, ci sto ancora pensando. Era venuto fuori un concetto di ‘non persistenza’, non ricordo bene come, ma mi ha colpito questo fatto che la Rete, la comunicazione multimediale, siano basata su file che si possono cancellare immediatamente. Una mancanza di consistenza che “ci porta lontani dal libro, dalla consistenza che il libro ha. Il libro ¨ una cosa che c’è¨, di cui difficilmente ti sbarazzi. Invece con queste tecnologie ¨ facile eliminare e riutilizzare.
Dunque cose che spariscono, non lasciano traccia “ almeno in apparenza. E poi ho letto Kevin Kelly (2) che chiarisce perfettamente il concetto di ‘non persistenza’ nel business: le strategie delle aziende sono basate su scelte di opportunità , anche di opportunismo, che possono essere assolutamente contingenti. Le alleanze non sono strategiche, possono servire per raggiungere l’obiettivo di oggi, e allora siamo amici e facciamo una partnership, ma una volta realizzato il progetto ci si lascia e si torna a competere con tutto e con tutti.
Ecco, questa ‘non persistenza’ mi ha portato all’etica. Nel caso di un’azienda, ci si mette insieme per sfruttare una contingenza, un’opportunità . Non mi sembra molto etico.
Allora mi interrogo sulla ‘non persistenza’. Smentisce la missione dell’imprenditore, ne mette in secondo piano la vision, o addirittura costringe ad abbandonarla. Cos¬ l’imprenditore non ¨ più quello che conoscevamo una volta, ma un finanziere che preferisco definire un approfittatore di opportunità . Siamo lontani dall’etica, anzi siamo contro.

Varanini: Qui ognuno ha le sue associazioni mentali. A me questa cosa, anzi: questo venir meno della ‘cosa’ materiale, fa venire in mente il buddismo, o almeno a superficiali letture del buddismo cui possiamo attingere da occidentali, da lontano. L’impermanenza, il mondo senza fondamenti. Quindi l’idea che questo substrato tecnologico, diverso da quello del libro che era fondato su un’idea di permanenza, porta in un contesto culturale, o di pensiero, del tutto ‘altro’. Una società , un mondo, un sistema ecologico, non si spiegano in base a fondamenti, non sono le religioni, non sono i legami con il passato, a spiegarci il mondo, il mondo ¨ costruzione di possibilità , ¨ rete di possibili connessioni, tra persone e eventi, qui ed ora.
Mi viene in mente anche quel discorso di sintesi che faceva Heisenberg sulla fisica del ventesimo secolo, discorso che poi in realtà  si può applicare a un contesto molto più vasto, ben oltre i confini di ciò che chiamiamo modernamente ‘scienza’. Diceva che possiamo leggere i sistemi in base a tre chiavi: la relatività , la connessione, la non permanenza. Ciò ¨, se vogliamo dire, le imprese del futuro, le organizzazioni del futuro, le organizzazioni oggi, sono relative, a seconda del punto di vista, perché puoi vedere l’azienda solo come nucleo di dirigenti, fino ad arrivare al mercato, ai clienti. Sono disegni che uno fa su una rete sottesa, un disegno che istante dopo istante si ridisegna.
Quindi ci sono immagini relative, diverse. Poi c’è¨ questa idea di connessione, più dei modi contano le connessioni, perché le conoscenze sono già  date, ma esistono sempre modi per connettere in modo nuovo delle conoscenze che esistono, senza illudersi di essere creatori di qualcosa.
E poi appunto la ‘non permanenza’, questo continuo cambiamento. Dobbiamo comprendere che dopo un cambiamento torna la calma ¨ illusorio, dobbiamo abituarci a vivere in un contesto in continuo cambiamento, quindi non lineare. E non sappiamo cosa c’è¨ dietro l’angolo, come se ogni volta ci affacciassimo su un mondo nuovo e dovessimo imparare a leggerlo in base ai segni deboli che abbiamo a disposizione.
Allora ¨ da questo che siamo arrivati a ragionare sull’etica.

Bonsignore: La mancanza di un pensiero-modello, di una programmazione, diventa addirittura un vantaggio”

Varanini: Ragionando di queste cose, è molto importante non avere un pensiero troppo forte, preesistente. Perché non essere legati a modelli vuol dire avere meno vincoli nel pensare. Questo pensiero vecchio non serve a niente. Ciò che serve ¨ produrre pensiero facendo connessioni. Se siamo attaccati all’idea che il nostro pensiero ¨ solo quello legittimato da qualcun altro non ci caliamo in questo contesto di interconnessione e di relatività .

Bonsignore: Stai dicendo che questa potrebbe essere la condizione d’origine della nostra cultura? Una cultura che adesso ci limita, che ci impedisce di essere etici adesso… E una nuova cultura sulla quale  ci affacciamo…

Varanini: Sto dicendo che una cosa è l’autorità  data a priori, assunta come tale a prescindere da come pensiamo noi, da chi siamo noi. Altra cosa ¨ l’autorevolezza. Riconosciamolo. Il punto ¨ che tendiamo a prendere per buone le opinioni degli esperti, delle autorità . Ma poi, invece, se ci permettiamo di essere liberi, nel leggere una cosa gli attribuiamo più valore che a un’altra. Non importa se quello è un libro di un autore famoso o dell’ultimo arrivato, o scritto su un pezzo di carta o su un blocco rilegato, oppure qualcosa pubblicato su un sito della Rete.
Secondo me qui sta il valore, il punto di partenza.
Siamo avvantaggiati da questa, come la chiami tu, mancanza di cultura. In realtà  si tratta dell’emergere di una cultura diversa, più adeguata ai tempi.

Bonsignore: O semplicemente un terreno potenzialmente fertilizzabile, perché mancano gli schemi.
E’  la dimostrazione che le lacune non sono necessariamente negative.

Varanini: Se non guardi indietro no, le lacune non sono negative. Le lacune appaiono come tali solo se ti confronti con modelli costruiti nel passato. Su guardiamo al presente, vediamo un mondo che scopriamo istante dopo istante, le lacune certo esistono, ma  vivere è appunto colmare lacune.
L’ignoranza può essere sempre trasformata in conoscenza. Non c’è limitazione in questo processo. Il limite sta nel fatto che si ¨ condizionati dalle scuole, dalle chiavi di lettura già  date.
E le scuole, le letture già  date, non ci aiutano a leggere i sistemi complessi, e ciò ¨ il mondo che abbiamo sotto gli occhi. Un modello di interpretazione ‘forte’ non ci aiuta. Non funziona perché separa l’oggetto dall’osservatore. Ma noi, invece, facciamo comunque parte del mondo che osserviamo. Quindi questa pretesa di pensare che qualcuno ha la chiave di lettura è fallace.
Molto più
 efficace l’approccio ‘ingenuo’, il tuo guardare a un terreno potenzialmente fertilizzabile. Agisci in una logica di serendipità : la logica che per tentativi, per errori o per gioco, ti porta a scoprire delle cose in ambiti in cui non sapevi nulla.
Quadri di riferimento, se vuoi vai in una biblioteca o sulla Rete e li trovi. Quello che conta ¨ quale quadro scegliere, utilizzandone uno già  esistente, o creandone uno ora. Ciò che conta è la sincronicità, l’essere liberi mentalmente nel leggere il mondo, utilizzando le diverse letture che si mostrano efficaci in quel contesto, in quel momento. (3)

Bonsignore: Letture che ci rimandano a qualcos’altro, ad altre letture, condotte con la mente  “semidesta. Non bisogna essere troppo razionali. Come dire, la metafora¨ che tu agisci bene se ”  agisci come se aprissi un libro a caso e scoprissi che le cose che leggi ti illuminano rispetto a com’è la vita in quel momento, un po’ come un oracolo apparentemente casuale. Forse non ¨ casualità , o almeno dobbiamo intenderci su cosa intendiamo per ‘caso’. ˆ la sincronicità  di Jung, che ho scoperto leggendo la sua prefazione all’I-Ching. (4)

Varanini: Così, con la mente semidesta, orientati alla serendipità  e alla sincronicità , ci poniamo nelle condizioni favorevoli per formulare abduzioni, cioè per formulare, inferenze, ipotesi interpretative del tipo: ‘non so niente di sicuro, ma se gli elementi che ho in mano sono questi, allora probabilmente…’.Â
Certi libri li butti via, certe cose le butti via, certi testi li riprendi in mano, come dici tu ti capita in mano quel libro in quel momento, e ti illumina, ma sempre senza lasciarsi condizionare da inutili pre-concetti, pre-giudizi.

Bonsignore: Questo atteggiamento che chiami abduttivo è un vantaggio se può essere integrato, razionalizzato, collegato. Perché se andassi avanti solamente a scoprire sarei una persona stupefatta, una persona che vede cose sempre nuove, ma questo atteggiamento forse avrebbe poca utilità . Mentre invece riportare il tutto in un quadro più organizzato, che abbia un senso, conferisce concretezza e utilità .

Varanini: Ho qualche amico professore, di cui non c’è bisogno di fare il nome, che quando si parla di un argomento, dice: “questa ¨ la teoria di”. Come se quella chiave di lettura del mondo valesse in virtù dell’essere già  stata pubblicata, come se valesse perché quel modello ha un autore.
Ebbene, la competenza che spero di avere, di cui ti ringrazio, se me la attribuisci, è una competenza di metodo, abduttiva. L’attitudine a cercare chiavi di letture adatte ad agire nel presente. Cioè la capacità  di tenermi lontano dall’atteggiamento del mio amico. Lui bada a chi l’ha detto, a quando è¨ stato detto, e invece non importa se qualcuno l’ha già  detto prima, o chi l’ha detto prima.
L’abduzione di per sé prevede il tirare a indovinare, ma poi richiede sempre la verifica. Tiro ad indovinare dicendo: allora probabilmente le cose stanno così…  Ma poi scarto subito l’ipotesi se vedo che non quadra.
La consapevolezza di essere partiti da un’intuizione e di aver costruito un pensiero che ha dei confini, pure sfumati, ma confini: “questo¨ il lavoro che possiamo fare insieme: se penso all’azienda, non solo i dirigenti, ma tutti coloro che in azienda lavorano. Non dirsi l’un l’altro: questa cosa è giusta, quest’altra sbagliata, solo perché queste cose sono centrali nella mappa fino a questo momento considerata. Si tratta invece di dare senso all’intuizione, darle una forma. L’unico ruolo che mi pare etico oggi -mi metto nei panni del dirigente d’azienda, ma anche del consulente, del formatore-, l’unico ruolo che vorrei avere è quello di aiutare a dare una forma all’intuizione, al pensiero. In qualche modo, cogliere l’organizzazione implicita.


1 – Bruno Bonsignore e Francesco Varanini hanno dialogato a proposito di Etica degli affari ed etica dell’immaginario venerdì 4 febbraio 2011 presso il Piccolo Teatro di Milano, in occasione della messa in scena, da parte di Luca Ronconi, della Compagnia degli uomini, di Edward Bond. Gli argomenti trattati, almeno per la parte di Francesco Varanini, sono approfonditi qui, nell’articolo Edward Bond e l’etica dell’immaginario. Un altro colloquio è visibile su YouTube qui.

2 – Kevin Kelly, Out of Control: The New Biology of Machines, Social Systems, and the Economic World, Addison-Wesley, Reading, MA, 1994. Kevin Kelly, New Rules for the New Economy: 10 Radical Strategies for a Connected World, Viking, NY,1998.

3 – Dialogavamo, quel giorno, avendo in mente un breve testo di Francesco. Questa la genesi del testo: l’11 settembre 2002, a Venezia, si tenne il Seminario “Raccontare le imprese. Verso un’antropologia dell’imprenditorialità  e del management” (organizzato dall’Università  Ca’ Foscari e dall’Istituto Triveneto di Alta Cultura Europea). Avendo a disposizione solo venti minuti, Francesco si è limitato a leggere alcune poesie, (in parte comprese in T’adoriam budget divino. Critica della ragione aziendale, Sperling & Kupfer, 1994, in parte uscite poi in L’irresistibile ascesa del Direttore Marketing cresciuto alla scuola del Largo consumo, Guerini e Associati, 2004). Ha però lasciato agli atti il testo intitolato Il ricercatore debole. Testo poi stato pubblicato come Appendice in Francesco Varanini, L’irresistibile ascesa del Direttore Marketing cresciuto alla scuola del largo consumo, Guerini e Associali, 2003. Il testo (ricco di riferimenti bibliografici ai temi qui trattati) E’ accessibile anche su www.scribd.com.

4 – I Ching, ed. a cura di Richard Wilhelm (1a ed. tedesca 1924), trad. ingl. di Cary F. Baynes, Prefazione di Carl Gustav Jung, New York, Pantheon Books, 1950; trad. it. I Ching. Il Libro dei Mutamenti, Milano, Adelphi, 1991.

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