L’AI si traduce in un autogol al #IJF23

di Valter Carasso

Per alcuni il numero ventitré é considerato un numero hacker, per altri un numero sinistro dietro al quale si sono radicate le teorie complottiste che poggiano su una serie di coincidenze raccontate in un film uscito nel 2007 dal titolo Number 23 con Jim Carrey. Anche a Perugia il 23 verrà ricordato come l’anno nel quale si è scelto che l’AI prendesse il posto di alcuni traduttori professionisti umani. Ma come vedremo, la scelta non ha prodotto i risultati sperati. Anzi.

Può darsi che gli organizzatori del Festival del Giornalismo Internazionale di Perugia quest’anno abbiano deciso di dare un chiaro segnale di futuro per rilanciarsi dopo la pandemia. Rinunciare ai traduttori professionisti in carne ed ossa a favore dell’AI non è stata probabilmente una scelta indirizzata al contenimento dei costi dell’organizzazione ma forse ad una precisa volontà di essere innovatori. Oltre a rendere più efficiente l’accesso alle sale, evitando la distribuzione di cuffie al pubblico ottimizzando i tempi.

Con un programma di incontri spalmati tra mercoledì e domenica, di cui un buon 80% in lingua inglese, la traduzione dall’inglese all’italiano è più che mai un segnale di inclusività verso la popolazione residente o tutti coloro che, pur essendo giornalisti, non hanno una completa padronanza della lingua inglese.

Mi trovo a Perugia per seguire l’intero Festival. La seconda giornata ha ospitato 52 incontri: 47 in lingua inglese. Mentre seguo un talk, mi accorgo che  alcune persone abbandonano la sala a metà evento. Immagino stiano correndo per mettersi in coda al talk successivo. Ma é l’incontro con una giornalista italiana a chiarirmi il motivo: “Negli ultimi sette anni, fino alla pandemia, ho seguito tutte le edizioni del Festival, anche gli incontri in inglese affidati a ottimi traduttori. Quest’anno l’organizzazione aveva annunciato l’introduzione dell’intelligenza artificiale per la traduzione simultanea. In un post su Facebook gli organizzatori chiedevano un po’ di pazienza  perché il servizio, offerto per la prima volta, non era perfettissimo. La realtá é ben diversa. É impossibile seguire un evento: la traduzione é per la gran parte incomprensibile. In questa situazione sono costretta a seguire solo i talk in italiano che sono pochissimi e spesso sovrapposti. Sono delusa e arrabbiata e avrei voglia di farmi 700 chilometri e  tornarmene a casa. É inaccettabile investire tempo e denaro per assistere ad incontri di cui a malapena si comprende a malapena il senso”. Decido allora anch’io di affidarmi all’AI e verificare la qualitá della traduzione (tra l’altro appare anche sul mio cellulare sotto forma di testo, davvero forte penso).

Ecco alcuni esempi di traduzione del talk di giovedì 20 aprile, alle 14, nella Sala delle Colonne, intitolato Indagare i colossi dei Social Media dall’interno e dall’esterno con Dell Cameron, senior writer di Wired, Isabel Cockerell senior reporter Coda Story e Aaron Sankin, investigative reporter The Makup.

Primo esempio: “Le origini di queste piattaforme, YouTube era, beh, prima era un sito di incontri, ma poi è diventato questa trasmissione te stesso, essere il tipo di piattaforma multimediali e hai visto molti giornalisti cittadini, prime organizzazioni di notizie online, specialmente intorno al periodo Occupy”.

Secondo esempio: “E la cosa che mi ha davvero colpito è rara perché come una società di social media é lì perché erano così e non sappiamo totalmente perché supponendo che fosse accurato, mi ha colpito come una sorta di vulnerabilità…”.

Questo é molto divertente: “E l’ala destra è solo un animale di notizie diverso dal centro e dalla sinistra“.

Infine, “Sotto Musk, non c’é più nemmeno l’illusione che gli importi così che le unghie quando Twitter si preoccupa prima, penso anche a loro non importasse, ma hanno mascherato che gli importava di qualcosa di diverso dalla crescita di Twitter e dalla vendita di annunci e dal fare soldi”.

Purtroppo devo confermare che l’ascolto in cuffie, con una traduzione letterale del genere, è sopportabile al massimo per mezz’ora. Poi, o si segue senza il supporto della AI (scelta consigliata) o si esce dalla sala perché le smorfie di disapprovazione potrebbero essere fraintese dai relatori che potrebbero pensare che sono in totale disaccordo su quanto stanno dicendo, mentre è l’esatto contrario.

E qui si apre un tema etico per il quale dobbiamo porci la domanda: ha senso lasciare a casa traduttori professionisti quando l’AI è palesemente inferiore alle capacità umane? L’AI utilizzata in questo contesto, dove le parole sono tutto, é proprio necessaria? Cosí come proporla come un traguardo tecnologico a una comunità di persone che sono a Perugia per ascoltare e seguire parola per parola ogni intervento?

Leggo sul sito degli organizzatori: “W-Alspeech é un prodotto realizzato dal Festival del Giornalismo in collaborazione con WILDOO.AI. Grazie al geniaccio di Giorgio Tsiotas”. Ma se poi si aggiunge la frase “Ovviamente non sarà tutto perfettissimo, è la prima volta che lo sperimentiamo quindi dovete avere un po’ di pazienza e volerci sempre comunque bene” e segue un emoji con cuoricini, viene da pensare che qualcuno abbia voluto mettere le mani avanti. Ecco, è sull’ “ovviamente” che voglio porre l’attenzione. Significa che é parso forse un po’ troppo lacunoso anche a chi ha pensato di proporlo? Anche la frase “è la prima volta che lo sperimentiamo” forse è incompleta: manca “su di voi o con voi” . Perché sicuramente l’AI sarà stata testata e migliorata. Ma allora, con queste premesse, non sarebbe stato meglio mantenere attivo il servizio di traduzione con un traduttore professionista almeno per l’avvio della sperimentazione dell’intelligenza artificiale? Assumersi la responsabilità di introdurre nuove tecnologie significa essere Accountable: responsabili dell’impatto della tecnologia sugli Stakeholders.

Un altro aspetto etico trascurato è il mancato uso di un semplice contapersone fuori dalle sale. Ho visto persone fare lunghe code, occupando la sede stradale, in attesa di entrare. Ma una volta dimezzata la coda dopo l’apertura, si spargeva l’annuncio “Full, it’s full” e decine di persone sciamavano via deluse. Non sarebbe meglio utilizzare un contapersone e comunicare in anticipo che la sala ha una capienza limitata? Cosí facendo si darebbe tra l’altro il tempo di raggiungere altri eventi previsti negli stessi orari.

Peccato ridurre l’impatto di questo evento. Così il valore delle parole e dei messaggi viene depotenziato. Il mancato successo di questo esperimento di traduzione simultanea tramite AI ha evidenziato l’importanza di una traduzione curata da professionisti capaci di cogliere la complessità dei temi trattati. Per il Festival Internazionale del Giornalismo è stato un autogol. Speriamo che l’edizione 2024 torni a parlare una lingua comprensibile a tutti.

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